Fratelli minori

Ultimamente si è parlato di toni western in Salvo di Grassadonia e Piazza, del sud italiano trasformato in Texas. In quest’opera di Carmen Giardina quell’aria, quegli sguardi, ritornano, ormai simboli mitici di forza, di orgoglio, di scontro tra uomini “veri”, radicati come sono nel nostro immaginario filmico.
Tutto è ben evidente nella sequenza che apre il cortometraggio e che viene ripresa alla fine: Paolo Sassanelli, nel ruolo di un uomo nella “zona grigia” tra stato e mafia, interrogato sulla sua identità, in silenzio, con una lentezza epica accende il suo sigaro, tira qualche boccata, poi risponde con una beffa, pieno di sdegno, di sussiego, con l’ambiguità tipica di quegli eroi del west e di certi personaggi di quel periodo storico, quasi oggetto di un lapsus collettivo, ma che l’ultimo cinema sta riproponendo con forza e, a mio modo di vedere, con ottime ragioni e risultati. L’aspetto su cui è facile peccare in ogni sguardo retrospettivo, sopratutto se analitico, è la tendenza, quasi l’attrazione, a voler sezionare comportamenti, ideologie, culture, paure, valori, quindi aspetti estrinseci all’individuo, caratterizzanti più del gruppo, della collettività, e tirarne fuori, quasi a ritaglio netto, personaggi. Ciò che ne vien fuori è la riduzione del personaggio a ruolo. E, nonstante l’ottimo spunto di quest’opera, il buon risultato, un po’ si soffre di questo artificio.
C’è il soldato con ideali libertari e comunisti; il belloccio, quasi vitellone, che consuma gettoni (prestati) al telefono e si presume ne consumi altrettanti al jukebox; il credulone, immaturo, indifferente. Sono tre ruoli, non tre personaggi, mancano le sfumature che li rendono tali, che li rendono più umani, e non basta lo scatto d’onore, la reazione, la crescita finale. Parlano troppo si potrebbe dire, ogni scena è azione e forse per rappresentare una lunga, forse inutile attesa, ci voleva un po’ più di silenzio.
Ben più convincenti gli altri due personaggi, l’ambiguo e lo scagnozzo. Basta una frase, basta quel «questi non sanno niente!» detto in un certo modo, in disparte, basta la baldanza del distintivo sbandierato, degli ordini dati e inascoltati. Basta poco per renderli vivi e verosimili.
Buono il sonoro che riempie ed amalgama l’attesa, il vuoto del crocevia. Buona la fotografia. Manca davvero quel poco per restituire un’opera convincente.
Ad ogni modo un plauso a Carmen Giardina per il punto di vista scelto ad illustrare un fenomeno così complesso e contraddittorio quali sono stati quegli anni.

Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=lybDyWIccN4

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