In genere non preferisco il cinema cosiddetto “civile” perché il contenuto, il messaggio, il “tema importante” finisce sempre col prevalere sulle altre componenti cinematografiche.
È il caso anche de Il sole dentro, opera di Paolo Bianchini del 2012, che mette in luce attraverso la drammatica storia di Yaguine Koita e Fodè Tounkara, una questione ben troppo nota (la nostra presunzione di non vedere e dimenticare il Terzo mondo) e una nota pochissimo (la tratta dei baby calciatori).
Il regista, dopo aver conosciuto il disperato tentativo da parte dei due bambini guineiani di consegnare una lettera “alle loro Eccellenze, i membri responsabili dell’Europa” nascondendosi nel vano carrello di un aereo diretto a Bruxelles, decide di scrivere con la moglie, Paola Rota cosceneggiatrice, una storia simmetrica e di farne un film. Thabo, giovane calciatore africano partito per l’Italia con la promessa di entrare nelle grandi squadre di serie A, viene abbandonato ad una pompa di benzina dal proprio allenatore perché non abbastanza bravo. Il suo amico Rocco, proveniente dalla periferia barese e orfano, fugge dal centro sportivo per cercarlo e una volta trovato lo segue in un improbabile viaggio a piedi da Bari verso uno sconosciuto villaggio dell’Africa subsahariana, la vera casa di Thabo. All’inverosimile eppure così fiabesco arrivo troveranno il primo “mister” di Thabo, una Angela Finocchiaro soprannominata “Pasta e fagioli” che essendo stata il tecnico all’areoporto di Bruxelles ad aver scoperto i due ragazzini morti assiderati funge da legame tra i due fili portanti.
Ad un occhio eccessivamente “adulto” il film potrebbe sembrare mal riuscito, sopratutto perché quando una sceneggiatura è così ingenua, impossibile, semplificatrice si passa subito ad analizzare aspetti tecnici che sarebbero potuti passare in secondo piano.
Ma ogni film va considerato non come un oggetto assoluto, sciolto da qualsivoglia contesto, ma secondo la sua funzionalità, il suo scopo (ogni film ne ha uno, altrimenti cosa staremo facendo da più di cento anni??) e come tale va giudicato. Il sole dentro è una favola e come tale va letta, coi suoi stupori e la sua morale. Il viaggio nel deserto è un viaggiare impossibile, ma lo è anche camminare lungo una statale alla ricerca di un amico, una volta smessi gli occhi troppo adulti si può godere questo film, fino anche a farsi scappare qualche lacrima (colpevole per me lo è stata la scena in cui Rocco con la faccia dipinta di nero fa goal e togliendosi la maglietta mostra la sua vera identità). È vero che tecnicamente ha molte pecche, ma non credo che un bambino (ideale spettatore del film) stia a pensare ai problemi di montaggio, insomma! L’unica cosa cui forse si poteva porre rimedio era una maggiore cura nella scelta del cast, sopratutto dei protagonisti. Se la loro prova fosse stata migliore il film ne avrebbe guadagnato moltissimo. Tant’è che quando entrano in gioco la Finocchiaro, Diego Bianchi o Francesco Salvi le scene tengono benissimo.
È una favola, ma essendo intrecciata al dramma di Yaguine e Fodè, acquista quelle qualità speciali grazie alle quali convivono il riso ed il pianto. E non disse qualcuno che questa era la cosa più bella che si potesse fare con il cinema?
In più di un caso si presentano contrasti ben riusciti, due su tutti: il calcio nostrano tenuto chiuso da ringhiere e pareti insormontabili contro il campetto africano che è quasi la piazza del villaggio, l’abbraccio senza speranza di Yaguine e Fodè nell’aereo contro l’abbraccio di Rocco e Thabo la notte nel deserto quando quasi stanno per abbandonare l’impresa con le parole “vorrei morire” messe così duramente in bocca ad un bambino.
In un’intervista il regista ha detto che «lo scopo di questo film non si esaurisce con la visione. Quando si riaccendono le luci in sala il film comincia a vivere.» e tutto si spiega.
Perché il cinema è arte ma è anche piacevolezza.
Premiato al Giffoni Film Festival. Il mese scorso il Ministro Kyenge ne ha fatto oggetto speciale in una sua lettera. http://www.ilsoledentro.it/wp-content/uploads/2013/06/Messaggio.pdf